MOSTRA CONVEGNO 

OLTRE LE BARRIERE DELLA COMUNICAZIONE 

Cantù 25 Settembre 2010

INDICE ATTI

Dr. Giancarlo Onger, Vice Presidente Nazionale del CNIS Associazione Nazionale Insegnanti Specializzati, molto impegnato a livello nazionale sulla qualità dell’integrazione scolastica degli alunni disabili, attualmente è distaccato c/o l’Ufficio H del Provveditorato Studi di Brescia.La sua relazione “Formazione permanente per una scuola inclusiva di qualità” insiste sulla formazione iniziale e in itinere di tutti i docenti curricolari e di sostegno per una didattica sempre più mirata all’inclusione scolastica di tutti gli alunni e non solo dei disabili.

Dr. Giancarlo Onger. Grazie Presidente per l’invito. Come da presentazione provengo da Brescia, ma vi prego di non farmi domande su cosa sta succedendo nella mia terra in ordine al sole e ad altri astri. Sono venuto qui per parlare della scuola in generale e , in particolare, dei bisogni formativi dei docenti. Pur essendo, come formazione, un insegnante di sostegno, da un po' di anni sono in prestito all'Amministrazione scolastica. Ritengo che sia importante riguardo al problema dei bambini sordi in particolare, ma, in generale di tutti gli alunni con disabilità, uscire dall'angolo dove ci ritroviamo sempre a difendere l'integrazione scolastica. Così facendo rischiamo il ko! Credo che il primo antidoto sia quello di parlare di tutti, bambini e bambine, ragazzi e ragazze, altrimenti corriamo un grosso rischio: quello di fare della scuola una somma di categorie, del bambino sordo, del bambino cieco, ecc. Nella scuola e nella classe abbiamo i bambini e le bambine. Punto e a capo.

Nelle mie conversazioni mi servo molto delle immagini per evocare, suscitare sensazioni. Magari quelle che vedrete oggi non vi provocheranno nulla, ma non è assolutamente un problema.

Desidero fare un prologo velocissimo perché quando parli per quinto o sesto quelli prima di te ti fregano, involontariamente, ciò che volevi dire tu e che avevi preparato con molta passione. Pensate che anch’io avrei citato Helen Keller. Ieri sera è passato in TV il film “Anna dei miracoli”, storia straordinaria appunto di Helen Keller. Mi commuovo sempre quando la bambina dice la parola "acqua". E qui finisce la mia citazione. Ho però una citazione autobiografica che nessuno poteva rubarmi. È un aneddoto. Nel 2007 anni sono andato a Lisbona per conto del Ministero della PI. Dovevo accompagnare un paio di ragazzi disabili italiani al meeting internazionale degli studenti disabili. Erano presenti i rappresentanti dei 27 paesi della Comunità Europea. Una babele linguistica in cui era molto difficile districarsi. Tuttavia la cosa che mi ha colpito é che chi parlava di più erano i sordi con il supporto del linguaggio dei segni. Li ho guardati stupito e, nello stesso tempo, mi sono reso conto che in quel contesto quello che sapevano fare quei ragazzi era molto più importante della loro menomazione.

Voi sapete che Brescia ha una lunghissima tradizione nell'educazione dei sordi. Ludovico Pavoni, sacerdote, nel 1874 ha fondato l’Istituto, ora Fondazione, che porta il suo nome. Era un Centro per i ragazzi sordi. Nello stesso periodo per le ragazze sorde le Suore Canossiane, fondarono un altro Istituto. Oggi quell’Istituto è la prestigiosa Scuola Audiofonetica che, qualche anno fa, ha inventato l'integrazione al contrario. Sono gli udenti che vanno nella scuola dei sordi. Ha rotto le barriere e ha iniziato un lavoro di supporto alle scuole della provincia che accolgono gli alunni sordi. In questo modo ha salvaguardato la specializzazione costruita nel corso della sua lunghissima storia. Sempre a Brescia, proprio in questi giorni, hanno presentato un libretto che, attraverso poche parole e molti fumetti, spiega ai tutti i bambini le problematiche dell'alunno sordo e, soprattutto, dà alcuni suggerimenti per costruire relazioni. Ci sono le sigle di tutte le Associazioni che si occupano dei sordi. Una grande impresa che tenevo a farvi conoscere. Questa pubblicazione segue il rinnovo del protocollo provinciale sull’integrazione scolastica degli alunni sordi che ha risvolti molto interessanti. Anche qui hanno sottoscritto tutte le sigle.

Entro nel vivo del discorso mostrandovi questo dipinto utile alla mia relazione. È di un pittore fiammingo, olandese per la precisione, del ‘600. Jan Steen, si legge nei manuali, caratterizza il proprio stile con “l'introspezione psicologica, l'ironia e l'abbondanza di colore”. In questo caso ritrae l’interno di una scuola del suo secolo. È una scuola popolare con tanti elementi di complessità che ci aiutano a capire le classi dei giorni nostri. Certo sono più ordinate, ci sono meno alunni, ci sono i banchi, ma quanto a complessità non manca nulla: alunni iperattivi, alunni demotivati, alunni non italofoni, alunni con disabilità.

Questa è una premessa importante perché ci dà degli indizi interessanti su come organizzare la formazione degli insegnanti nelle classi di oggi. Ecco quanto dice la relazione Falcucci del 1975, in uno dei suoi passaggi:

“La possibilità di realizzazione di un nuovo modo di essere della scuola è legata alla preparazione e all’aggiornamento permanente degli insegnanti. Essi devono conoscere ed usare i nuovi mezzi operativi che devono essere introdotti ad arricchimento e rinnovamento dell’insegnamento tradizionale”.

Dopo questa citazione potrei già terminare la mia relazione. C’e' dentro tutto quello che si deve fare. E allora perché, dopo oltre un trentennio di integrazione, il regolamento sul percorso formativo dei docenti, presentato recentemente dal Ministro e citato dal Prof. D'Alonzo, che si faccia dopo tutto questo lavoro intenso che abbiamo fatto nel bene e nel male, prevede che in tema di pedagogia speciale vi siano 32 crediti per la Scuola dell’Infanzia e Primaria, mentre solo 6 per la secondaria?

Forse non ci siamo capiti bene o il trentennio è trascorso invano. Tutti i convegni, i seminari, le ricerche, la mia esperienza stessa di insegnante e formatore confermano la necessità di formare tutti i docenti sui temi della disabilità, formazione irrinunciabile per garantire un buon livello di qualità della scuola di tutti e di ciascuno. Di contro questa è la risposta organizzativa ministeriale. Mi sfugge qualcosa e forse ho bisogno di approfondire l’analisi del testo per capirne le ragioni. Ma i numeri, 32 e 6, sono e restano disarmanti. Non vorrei che dietro queste scelte si nascondessero le vecchie logiche che considerano l’alunno con disabilità affare privato dell’insegnante di sostegno, che ritengono le scuole professionali le uniche che devono accoglierlo e pensano che i licei non debbano essere contaminati dalla sua presenza. Non vorrei ci fosse ancora qualcuno che pensi all’alunno disabile come a una persona bisognosa di carità e non a un cittadino. Oppure che sia convinto che le persone con disabilità appartengano a gruppi minoritari da confinare nelle riserve indiane. Insieme agli insegnanti di sostegno, naturalmente.

Mi sorreggono comunque altri documenti ministeriali, ad esempio le Indicazioni per il curriculo del 2007, dove si sottolinea una cosa importante: ogni bambino e' unico.

In effetti a scuola non arriva la sordità, ma arriva una persona sorda; non arriva l'autismo, ma un ragazzo con la sindrome autistica. L’approccio è quindi alla persona nella sua globalità e non solo in uno dei suoi aspetti. Nel libro (1), di cui sono coautore, in cui si analizzano i processi e gli strumenti di autoanalisi per la scuola inclusiva, gli autori così definiscono l’inclusione: “L’educazione inclusiva mira a garantire la partecipazione di tutti gli alunni nel processo di apprendimento in quanto persone e non perché appartenenti a una “speciale categoria”. È una scuola che si propone l'obiettivo del superamento delle barriere alla partecipazione e all'apprendimento per tutti gli alunni e che è particolarmente sensibile ai processi sociali che influenzano la socializzazione e l'apprendimento, ecc. In una relazione precedente ho sentito evocare la parola monadi. È vero: la classe non e' una monade. Se ricorressimo alla scatola nera come strumento in grado di rilevare tutto quello che sfugge all’insegnante, scopriremmo un mondo di emozioni inespresse o non comprese. La sbobinatura ci consentirebbe di avere immagini dinamiche dei nostri ragazzi e non convinzioni statiche centrate solo sulle performance scolastiche. Intorno, scopriremmo un mondo incredibile, mondo in cui si riflette, inevitabilmente, anche l’immagine del docente – adulto. Questa suggestione me l’ha suggerita la lettura del libro di Amos Oz, “La scatola nera”. È la storia di un amore drammatico, contrastato, che condenso in una breve citazione testuale: “La faccenda è finita, Ilana. Scacco matto. Come dopo un incidente aereo, ci siamo messi a decifrare, per corrispondenza, il contenuto della scatola nera”. Ecco un compito importante: decifrare quello che succede nella classe, per capire la classe e non particolari categorie. Questo ci può permettere di organizzare percorsi personalizzati per tutti gli alunni. Non possiamo confezionare un abito uguale per tutti. La personalizzazione non ha bisogno di certificazione. È diritto di tutti perché non possiamo insegnare a tutti in egual modo. Qual è il presupposto che questo avvenga? Tutti gli insegnanti devono essere formati per metterli nelle condizioni di poter rispondere alle differenze in un'ottica di sostegni diffusi. Oggi il problema e' soprattutto la non flessibilità di utilizzo degli insegnanti. L'autonomia non e' stata fatta fino in fondo. Mi aiuto con un esempio. Per un ragazzo sordo non basta un insegnante di sostegno per alcune ore. Tutti gli insegnanti devono curare il contesto spaziale e relazionale di approccio: la disposizione dei banchi, le modalità della comunicazione, l’utilizzo delle tecnologie. Questo è ciò che deve fare una scuola inclusiva: i sostegni diffusi con l’aiuto e l’esperienza di tutti i docenti. Diversamente l’alunno resta un affare privato del docente di sostegno con tutto quello che ne consegue. C’è poi bisogno che anche le famiglie, gli Enti locali, i servizi sanitari facciano la loro parte perché anche la scuola non è una monade. Per questo bisogna fare rete. Vi siete mai chiesti come l’ordine monastico cluniacense sia riuscito a costruire una rete, in pieno medioevo, con i monasteri diffusi in parecchi paesi europei? Non c’erano, a quanto pare, internet e la posta elettronica, eppure hanno fatto rete. Purtroppo in molti contesti abbiamo reti con maglie ancora troppo larghe! Con l’ immagine di un’altra aula rappresentata da Jan Steen, che mostra un maestro intento a bacchettare uno scolaro sulle mani, affrontiamo, dopo aver analizzato quelli degli alunni, i bisogni formativi dei docenti. Mi viene facile affermare che abbiamo bisogno di formare insegnanti che: conoscano bene le discipline e la didattica per poterle insegnare adeguatamente, conoscano bene gli aspetti relazionali, comportamentali, abbiano competenze programmatorie e organizzative. E scusate se è poco. Una buona formazione, iniziale e in servizio, che deve ridiventare obbligatoria e riconosciuta, evita che ai disturbi specifici di apprendimento si accompagnino i disturbi specifici di insegnamento. A parte la battuta credo sia importante che la valutazione non abbia sempre e solo il focus sull’alunno. Anche la scuola si deve dotare, strutturalmente, di percorsi valutativi in grado di analizzare i punti di forza, le criticità dell’implementazione dell’offerta formativa. Non, naturalmente, per mettere alla berlina i docenti, ma per migliorarne l’efficacia e l’efficienza. Per mettere a nudo anche i limiti del sistema nel momento in cui assegna le risorse con logiche che si ispirano quasi esclusivamente alle necessità economiche. Passiamo ora in rassegna alcuni profili di un docente ideale.

IL DOCENTE MAJEUTICO “Come la levatrice porta alla luce il bambino, Socrate portava alla luce le piccole verità dal discepolo. La maieutica quindi non è l'arte di insegnare ma di aiutare. La verità infatti non è insegnabile perché è un sapere dell'anima; per questo Socrate non inculcava nei suoi interlocutori le proprie idee ma aiutava i "discepoli" a "partorire la loro verità".

In questo caso mi preme sottolineare l’importanza che l’insegnante tenga conto dell’alunno come protagonista del suo diventare grande attraverso il coinvolgimento

diretto nella costruzione delle conoscenze. A scuola oggi arrivano ragazzi forniti sul piano tecnologico. Non sono più i bambini di una volta e dobbiamo tenerne conto.

 

IL DOCENTE EMPATICO In psicologia, in generale, l'empatia e' la capacità di comprendere lo stato d’animo e la situazione emotiva di un’altra persona, in modo immediato, prevalentemente senza ricorso alla comunicazione verbale. Io avevo una maestra che non aveva gli occhi da strega evocati dal Prof. D’Alonzo, ma era molto brava a comunicare con la sua altezza. Quando ti si poneva davanti con alcune posture ogni parola era superflua. Memore dei trascorsi l’ho fatto spesso anch’io con i miei allievi.

 

IL DOCENTE RICERCATORE/RIFLESSIVO È il docente che non si accontenta della pratica. Usa la ricerca azione come metodo di lavoro perché lo vede protagonista in quanto l’oggetto della ricerca è dentro la pratica quotidiana. Pratica che proviene dalla riflessione del docente e nello stesso tempo la alimenta. Questa modalità è anche molto formativa ed è importante che si avvalga del contributo dell’Università che non si può più limitare alla ricerca sperimentale.

 

IL DOCENTE POLIGLOTTA È un docente capace di comunicare con il corpo,con le emozioni e, soprattutto, come recitano le Indicazioni per l’applicazione dei Programmi “Gabelli” della scuola elementare del 1888, con l’esempio che, a mio avviso, i ragazzi tengono molto in considerazione.

Per completare l’argomento trascrivo gli obiettivi e i principi ispiratori contenuti nelle Linee guida dell’ USR Lombardia (2007) per la formazione in servizio che, ribadisco, deve, a mio avviso, ridiventare obbligatoria.

OBIETTIVI

Sviluppo delle competenze didattiche, relazionali e organizzative in grado di dare una risposta efficace ai bisogni di crescita, realizzazione e affermazione degli alunni con disabilità.

Incremento delle conoscenze scientifiche e culturali correlato alla sperimentazione di modalità nuove e diverse del fare scuola quotidiano.

PRINCIPI ISPIRATORI

1. Formazione rivolta a tutto il personale della scuola.

2. Formazione permanente.

3. Formazione che valorizza l’esistente.

4. Formazione integrata presenza – distanza.

5. Formazione integrata scuola – territorio.

6. Formazione riconosciuta con sistema di crediti.

7. Formazione centrata su alcune linee “politiche” comuni.

8. Formazione che prevede la valutazione.

9. Formazione che prevede la documentazione e la disseminazione.

10. Formazione su più livelli, integrati tra loro.

Ho volutamente nominato poche volte l’alunno sordo in quanto, avrete capito, sta dentro la parola universale alunno. Ha certo delle specificità, ma il lavoro corale della scuola inclusiva deve evitare che le specificità sfocino in disuguaglianze e/o esclusione. Voglio concludere con una nota distensiva. Durante la stesura del protocollo di cui vi ho parlato all’inizio, ci siamo posti il problema di come definire il protagonista del nostro lavoro: non udente, persona con disabilità sensoriale, ecc. Alla fine le Associazioni hanno scelto “alunno sordo”. Non ne ero molto convinto, ma mi sono adeguato. Mi sono però ricordato di un libro (2) simpaticissimo. Vi consiglio di leggere in particolare il capitolo dedicato gli eufemismi. C’è un gustoso commento al The Power of Language (Il potere del linguaggio), un documento della polizia di Manchester scritto per scoraggiare l’uso di stereotipi e termini offensivi da parte delle forze dell’ordine britanniche. Nonostante le buone intenzioni il risultato è paradossale. Mi sono divertito a trascrivere alcune definizioni riportate nel testo citato: il basso di statura viene definito svantaggiato verticalmente, il grasso svantaggiato orizzontalmente, il cadavere e' diverso da un punto di vista metabolico, il senza tetto e' uno svantaggiato dal punto di vista residenziale, il povero e' una persona avvantaggiata in altri modi, il carcerato è un cliente del sistema penitenziario. Il seguito lo lascio scoprire a voi. Non potevo certo terminare senza citare le nostre definizioni intorno alla persona con disabilità (io preferisco questa definizione) : diversamente abile, situazione di handicap, portatore di handicap … Considerato che l’importante è capirsi ricordiamoci che tutti abbiamo un nome: Giuseppe, Maria, Giovanni, Anna … Chiamiamoli semplicemente con i loro nomi. È più facile e più immediato.

BIBLIOGRAFIA

R. Medeghini, W. Fornasa, M. Maviglia, Giancarlo Onger: L’inclusione scolastica – Processi e strumenti di autoanalisi per la qualità inclusiva – Editrice Vannini – 2009

Edoardo Crisafulli, IGIENE VERBALE – Il politicamente corretto e la libertà linguistica, Vallecchi, 2004

Denis Diderot, Lettera sui sordi e muti, 1751, Edizioni Mucchi, Modena, 1984

Denis Diderot, Lettera sui ciechi per quelli che ci vedono, 1749, La Nuova Italia, 1999

Amos Oz, La scatola nera, 2007

indice relatori